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    Passione per la grafica: dalla musica alla moda

    Una graphic designer racconta la sua collaborazione con gli stilisti e le ispirazioni infinite che arrivano dall’arte, dall’architettura e dai pionieri del collettivo austriaco Wiener Werkstätte. Consiglio: la creatività è un esercizio quotidiano utile per tutti.

    Maria Nielsen è una fashion graphic designer che lavora a Milano per molti stilisti e aziende di moda. È nata a Copenaghen, ha studiato al Bauhaus a Weimar ed è arrivata in Italia dopo la laurea per mettere a frutto il suo talento visivo e artistico. Oggi è anche una mamma piena di fantasia che insegna alle sue bambine come la creatività possa essere esercitata in ogni attività quotidiana, dal disegno al cucito alla cucina. Da poco ha anche iniziato a insegnare Print Design agli studenti del master in Fashion Design dell’Istituto Raffles di Milano.

    Fiori & libri
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    Come si scopre di avere un talento per il graphic design?

    Da bambina passavo ore a guardare le copertine dei libri d’arte dei miei genitori o dei dischi di mio papà, dei Led Zeppelin e dei Rolling Stones. Non pensavo alla moda, ma mi piacevano le attività che mia mamma ci proponeva, come disegnare o cucire. Sono diventata grande negli anni 90, quando è esplosa la pop culture di MTV e della musica, tutti mettevano le magliette con le scritte, i cappellini stampati. Ho capito che mi piaceva l’idea di indossare quello che creavo. Mentre studiavo all’università ho collaborato con alcuni ragazzi che sperimentavano la serigrafia sulle T-shirt e così ho scoperto di amare anche l’aspetto pratico della grafica.

     

    Perché hai deciso di studiare al Bauhaus?

    Ho scelto di andare a Weimar con il programma di scambio Erasmus per perfezionare gli studi in Visual Communication. La scuola del Bauhaus è stata una pietra miliare per la grafica e inoltre amavo molto anche la lingua tedesca. Del Bauhaus mi piaceva la collaborazione tra gli studenti, si studiava il design dei tessuti, dei mobili, degli oggetti quotidiani. E la sede di Weimar, insieme a quella di Dessau, è un posto dove ancora si respira la storia di questi pionieri del design. Per esempio, esiste ancora l’ufficio di Walter Gropius. 

    Hai sempre lavorato nel mondo della moda?

    No, appena arrivata a Milano ho creato dei pattern per plaid, borse e cuscini per lo storico Lanificio Leo in Calabria. Mi piacerebbe tornare a lavorare di più per il mondo dell’arredamento per la casa. 

    Cosa fa esattamente un fashion graphic designer? 

    Cura la grafica dei capi per un’azienda di moda, collabora quindi con l’ufficio stile e con lo stilista. Possono essere le fantasie dei tessuti, le stampe delle T-shirt, i ricami. Interpreta l’idea dello stilista su quella collezione per quanto riguarda la parte grafica. È spesso un lavoro di collaborazione continua, come un ping-pong di idee e di schizzi.

    C’è stata un’epoca della moda in cui il graphic design è stato particolarmente rilevante?

    Io penso subito agli anni 80, con le stampe grandi, colorate, molto d’impatto e penso quindi alla moda di Gianni Versace. Ma anche le grafiche optical degli anni 60 o il tema “flower power”. Persino le semplici righe o i pois possono diventare molto diversi a seconda di come sono disegnati e sono stampe caratteristiche dello stile alla francese. Una certa grafica può cambiare completamente l’aspetto di un capo d'abbigliamento.

    Collabori con un giovane stilista di grande talento come Arthur Arbesser, che è viennese ma vive a Milano. Come funziona la vostra sinergia?

    Arthur in genere crea dei mood, dei temi, per le sue collezioni e mi spiega cosa vorrebbe. A me piace partire con degli schizzi fatti a mano, che perfeziono a computer solo dopo. Glieli mando, ci confrontiamo e così arriviamo a qualcosa che ci soddisfa. Ci piacciono alcune cose simili ma, allo stesso tempo, siamo anche diversi, e credo sia per questo che la nostra collaborazione funziona così bene. Spesso il risultato finale è una sintesi delle nostre idee iniziali (foto sotto: una grafica di Maria Nielsen su un capo firmato Arthur Arbesser).

    Quando devi fare invece delle proposte a un’azienda di moda, a cosa ti ispiri?

    A tutto ciò che mi circonda. È quello che ho cercato di trasmettere anche ai miei studenti: l’ispirazione e la creatività sono ovunque, bisogna solo imparare e tenere gli occhi aperti. Nei libri, per la strada, nell’architettura: una volta giravo sempre con uno sketchbook per fare dei disegni, oggi uso il telefono come archivio fotografico di tutto ciò che vedo e trovo interessante. Non mi interesso direttamente alle tendenze moda, ma preferisco tenermi aggiornata sulla cultura che evolve, dal teatro alle serie tv all’arte contemporanea. 

    Quali sono i graphic designer del passato che influenzano il tuo lavoro?

    Anche grazie ad amici viennesi come Arthur ho avuto modo di conoscere meglio il lavoro della Wiener Werkstätte, che a inizio Novecento è stato davvero una rivoluzione. Sono stata spesso a Vienna per poter approfondire la storia di questo collettivo. In particolare, Koloman Moser, uno dei fondatori, ha lavorato molto sul design e sulla grafica. 

    MAK (Museum of Applied Arts), view from Stubenring / MAK - Museum of Applied Arts
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    Dove si possono vedere le loro opere?

    Una tappa obbligata è il MAK di Vienna, il museo dell’arte applicata (Museum für Angewandte Kunst). La loro collezione di tessuti e di ceramiche è tra le mie preferite. Sono ancora pezzi bellissimi e senza tempo, anche se hanno ormai cento anni. In particolare, i tessuti di Wilhelm Jonasch o quelli con gli animali di Ludwig Heinrich Jungnickel. E c’erano anche tante donne bravissime nel collettivo, come Lotte Frömel-Fochler, Mathilde Flögl, Rosa Krenn. Avevano capito che la superficie di un oggetto può comunicare tante cose: emozione, funzione, tradizione. Lavoravano in tutti i campi - ceramica, tessile, grafica, architettura - perché il lavoro era pensato come una squadra: se uno disegnava la casa l’altro faceva l’arredo.

    E tra gli Italiani, quali artisti citeresti?

    Con il trasferimento a Milano ho potuto conoscere meglio il lavoro dei Futuristi. Anche loro lavoravano su tanti fronti diversi, non solo pittura e scultura, ma anche moda, tessuti e grafica pubblicitaria. Di loro citerei Giacomo Balla e Fortunato Depero.

    Quali mostre hai visto di recente che ti hanno colpito?

    Proprio l’ultima volta che sono stata a Vienna ho visto una mostra dedicata a Stefan Sagmeister, un graphic designer austriaco che ora vive a New York. Ha lavorato tantissimo nel mondo della musica, con artisti come Björk. Sono sempre stata una sua grande fan.

    Ci sono altri luoghi dell’Austria che ami particolarmente?

    La montagna d’estate, soprattutto il Tirolo. Un luogo perfetto per andare in vacanza con la famiglia. Sarà che sono cresciuta in un Paese piatto come la Danimarca, ma amo molto i paesaggi montani. Mi piace lo stile delle case in legno, i tessuti, gli odori. E poi sono sempre molto ospitali con i bambini, tutto è pensato per loro: le passeggiate, i parchi giochi, le piste ciclabili. 


    Intervista a cura di Laila Bonazzi, giornalista e appassionata viaggiatrice

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